Bacio perlato
Non solo poesia: Il lato scientifico di Giacomo Leopardi
Il primo approccio alle discipline scientifiche avviene nella biblioteca paterna, che ospitava 16000 volumi, e in particolare con due testi scritti dall'Abate Pluche, l'Historie du ciel (1739) e lo Spectacle de la Nature (1732), e con l'Entretiens sur la pluralité des mondes di Bernard de Bovier de Fontanelle. Grazie a questi libri, Leopardi acquisirà una solida cultura scientifica che sfocerà nelle prime opere dell'adolescenza. A soli 14 anni scrive le Dissertazioni Filosofiche e a 15 anni la Storia dell' Astronomia. Ma non solo, Leopardi mostra grande interesse per la chimica, studiando i processi di ossidazione e la chimica dei fluidi. Frequenta alcuni tra i più importanti chimici del suo tempo che lo introducono all'interno del mondo accademico scientifico. Non mancano studi sull'idrostatica e l'idrodinamica a cui si lega la fisica newtoniana. Come evidenzia Polizzi, il poeta riteneva il sistema newtoniano "l'espressione più completa della interpretazione fisica della natura". Meno forte,invece, il suo rapporto con Copernico e Galileo a causa del suo legame col cattolicesimo. Con gli anni, però, riconosce a Copernico il coraggio di aver sovvertito il vecchio sistema geocentrico, mentre con Galileo mantiene una certa distanza, anche se ne condivide le idee e l'interesse per gli esperimenti. Se ne distanzia soprattutto per quanto concerne la matematica, che Galileo considera come strumento necessario per lo studio della Natura, laddove il Leopardi la concepisce solo come un linguaggio convenzionale che ha poco a che fare con la Natura e che non costituirà mai un elemento fondamentale nella sua formazione.
Ma qual è il pensiero scientifico di Leopardi? Bisogna dire, innanzitutto, che il rapporto che ha con la scienza non rimane sempre lo stesso, ma cambia col passare degli anni, soprattutto in relazione al suo pessimismo cosmico. Essenzialmente, soprattutto negli anni della sua giovinezza, Leopardi pensa che la scienza sia lo strumento migliore per conoscere e capire il mondo. Essa ha una valenza culturale, perché permette di acquisire nuove conoscenze che aiutano a superare l'ignoranza e la superstizione, e una valenza sociale, in quanto il progresso scientifico e tecnologico migliora le condizioni di vita delle persone. Negli anni della sua maturità, invece, con la progressiva adesione al pessimismo cosmico, riconosce alla scienza dei limiti. Essa, infatti, aumentando le conoscenze umane finisce, inevitabilmente, col produrre maggiore infelicità, perché più si conosce e si acquisisce consapevolezza, più si soffre. Ma la scienza, tuttavia, conserva il suo lato utile e necessario per sconfiggere l'ignoranza.
In rapporto alla filosofia della natura, su cui è incentrato il pensiero leopardiano, sempre negli anni della giovinezza, pensa che la scienza abbia tutte le potenzialità per scoprire le grandi verità della natura e per capirne le leggi. Come scrive Polizzi, il giovane Leopardi "è un fiducioso assertore del razionalismo scientifico" . Ma con la grande crisi intellettuale del 1817, che trasforma radicalmente la sua visione della Natura, che da spettacolo meraviglioso e comprensibile diventa incomprensibile e matrigna, Giacomo realizza che anche la scienza non possegga tutti gli strumenti utili a carpire le verità del mondo perché le sfuggono molte dimensioni della realtà. Ne critica, in particolare, il riduzionismo e il suo limite nel cogliere la complessità della natura e la sua infinita varietà.
Insomma la Natura, per Leopardi, è così complessa e ricca di dettagli che non bastano le leggi universali a descriverla. Il poeta, in questo modo, riconosce i limiti della natura umana destinata a soffrire a causa della Natura. Idea che cambierà ulteriormente negli ultimi anni della sua vita, aprendo a una speranza per gli uomini di non arrendersi a un destino inesorabile.
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