Poesia in tutte le scuole della Repubblica Italiana
Giornata della Memoria.Edith Bruck, “ Quel pensiero”
In occasione della Giornata della Memoria ho deciso di condividere i versi di una grande scrittrice e poetessa, testimone ancora vivente della Shoah, che con la sua arte ha raccontato l'orribile e disumana esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Sto parlando di Edith Bruck e la poesia che ho scelto è un estratto del canzoniere " Il Tatuaggio" ( 1975) ed è dedicata a sua madre.
te l'hanno tolto con almeno trent'anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d'addio
nei vagoni stivati dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
restano sole dopo una selezione
mi desti la prova d'amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l'ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro il mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.
I rintocchi del mare
I rintocchi del mare
ritornano come echi lontani
e germogliano nell'anima
remoti scenari
di un paradiso marino
che avevo vissuto sulla pelle,
e nello spirito con movimento suadente
le onde lavano i residui
di un dolore tagliente.
Il mare cura ogni male fervente
e il profumo della salsedine
sboccia come un prato di fiori
seminando il sale nel cuore,
il sale della sapienza e della riflessione
che respiro ogni volta
che uno spiraglio di azzurro marino
bagna le mie impronte.
Caterina Alagna
Liberarsi dagli stereotipi sociali. "Altrove" di Morgan.
"Altrove" è il primo brano da solista di Morgan estratto dall'album "Canzoni dall'appartamento" del 2003. Chiusa l'esperienza musicale con i Bluvertigo, Morgan si chiude in un appartamento in via Sismondi a Milano in cerca di un volontario smarrimento che gli darà l'ispirazione giusta per uno dei brani più belli e testualmente più complessi del panorama musicale italiano. Non è un caso se la rivista Rolling Stone ha definito "Altrove" la canzone italiana più bella del nuovo millennio.
Abbandonato il sound sintetico del periodo giovanile che lo vedeva legato ai Bluvertigo, Morgan s'accosta a suoni più vintage e più armonici, vicini alla melodia degli anni '60, che accompagnano un testo difficile ma al tempo stesso affascinante. Un brano originale che si apre con una congiunzione avversativa, "però", gettando l'ascoltatore nel bel mezzo di una storia ( forse quella autobiografica dell'autore) che non si sa come comincia ma che delinea perfettamente il significato principale della canzone. Il brano vuole essere una ribellione al conformismo, ai pregiudizi, ai preconcetti e alle idee già stabilite. Chiari, in questo senso, appaiono i primi versi, " mi sveglio col piede sinistro, quello giusto", posti ad indicare una scelta di vita palesemente anticonformista che vede apprezzare anche la follia che appare come l'unica via per trovare la felicità, forse perché la follia è libera, non disposta a scendere a compromessi e a macchiarsi d'ipocrisia. Concetto che viene chiaramente espresso nei versi "c'era una volta un ragazzo/ chiamato pazzo/diceva sto meglio in un pozzo/che su un piedistallo". Nel ritornello assistiamo al desiderio dell'autore di perdersi nel mondo, che possiamo interpretare come la volontà di sganciarsi da un luogo e un tempo preciso, che spesso caratterizza la vita quotidiana dell'uomo medio, per abbracciare il mondo nella sua complessità, nelle sue numerose sfaccettature, nella sua totalità. Questo desiderio di perdersi, però, potrebbe anche essere interpretato come una speranza di smarrirsi, di non avere una direzione prestabilita e lasciare che la vita faccia il suo corso liberamente. Ma al di là delle possibili interpretazioni, ciò che conta è non rimanere fermi, non restare chiusi nei propri preconcetti ma mettere la mente in continuo movimento, condurla in un viaggio di continua conoscenza. Nella seconda parte della canzone i concetti affermati ricevono una nuova conferma. Pur di vivere libero e non ingabbiato dagli schemi, l'autore è disposto a rinunciare al suo passato, alla "cosmogonia, che letteralmente significa l'origine del mondo ma che nella visione autobiografica dell'autore potrebbe tradursi in una rinuncia alle sue origini per concentrarsi sull'avvenire che si presenta in continuo movimento, caratterizzato soprattutto dalla necessità di lasciare la propria impronta, la propria idea libera, non intrappolata negli stereotipi sociali e culturali. In tal senso interessanti appaiono i versi finali : "svincolarsi dalle convinzioni/dalle pose e dalle posizioni". Questi versi racchiudono il significato ultimo della canzone, ovvero rappresentano un invito a chi ascolta a ragionare sempre con la propria testa e a tracciare un proprio percorso, non condizionato dalle opinioni e dai giudizi altrui.
(Che cosa vuol dire però)
Mi sveglio col piede sinistro
Quello giusto
Che a volte la follia
Sembra l'unica via
Per la felicità
E diceva sto meglio in un pozzo che su un piedistallo
La giacca dell'anno scorso
Che così mi riconosco
Ed esco
Quelli regalati, quelli appassiti
Di perdermi nel mondo
Anche se sprofondo
Lascio che le cose
Mi portino altrove
Non importa dove
(Non importa dove)
Un tempo era semplice
Ma ho sprecato tutta l'energia
Per il ritorno
E prendo tutta la cosmogonia
E la butto via
E mi ci butto anch'io
Di perdermi nel mondo
Anche se sprofondo
I puntini di sospensione
Che nell'incosciente
Non c'è negazione
E chi s'è visto, s'è visto
Mi portino altrove
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