Poesia in tutte le scuole della Repubblica Italiana

Oggi vi chiedo una mano in merito a un'iniziativa.
Vi informo che il poeta Carlo Molinari e il Consiglio Direttivo di Poeti2000-poetry in the world ( movimento poetico fondato da Carlo Molinari) promuovono una petizione online per dare maggiore risalto alla poesia in tutte le scuole della Repubblica Italiana, per l'importanza culturale ed educativa che la poesia riveste e ha rivestito nei secoli nella formazione della persona. Se anche tu condividi la stessa opinione, firma la petizione!





"Carissime amiche, carissimi amici,
da stasera iniziamo un'importantissima raccolta di firme on line con una petizione mondiale, seppur rivolta per il momento all'Italia: il Consiglio Direttivo di "Poeti2000 - Poetry in the World" promuove una raccolta firme da indirizzare poi al Ministro dell'Istruzione e del Merito on. Giuseppe Valditara, al fine che la Poesia sia presa in maggiore considerazione in tutte le Scuole della Repubblica Italiana e che possa essere considerata anche come "Materia Autonoma e Indipendente" di insegnamento e di studio, a tutti i livelli scolastici.
Chiediamo a tutti Voi di leggere la petizione (in italiano, spagnolo e inglese) presente nel nostro sito: https://poeti2000.webnode.it/petizione-on-line/?fbclid=IwAR369EB5-0bZ-rODRRRiWYK91kosXrzEz_3mDOt5OIeRUl5WKvETobKltTc

Chiediamo a tutti Voi di firmarla e di condividerla in tutti i Vostri Social, contatti via email, Whatsapp e Telegram, secondo le istruzioni riportate nel nostro sito web.
Chiediamo anche di condividere questo post nei Vostri profili Facebook al fine di raggiungere il più alto numero di firme on line possibile.
Grazie a tutti per la collaborazione: portiamo la Poesia in TUTTE le Scuole Italiane! Grazie a chi ci sosterrà in questo grandissimo impegno culturale/sociale/umano.
Il Consiglio Direttivo di "Poeti2000 - Poetry in the World."


Vi ringrazio se ci sarete 😊



Giornata della Memoria.Edith Bruck, “ Quel pensiero”



In occasione della Giornata della Memoria ho deciso di condividere i versi di una grande scrittrice e poetessa, testimone ancora vivente della Shoah, che con la sua arte ha raccontato l'orribile e disumana esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Sto parlando di Edith Bruck e la poesia che ho scelto è un estratto del canzoniere " Il Tatuaggio" ( 1975) ed è dedicata a sua madre. 


Quel pensiero

Quel pensiero di seppellirti
te l'hanno tolto con almeno trent'anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d'addio
nei vagoni stivati ​​dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
restano sole dopo una selezione
mi desti la prova d'amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l'ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro il mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.



Questi versi dal linguaggio forte e viscerale sconquassano la coscienza del lettore. Bruck descrive a chiare lettere, anche brutali, l'orrore dell'Olocausto, con immagini incisive che hanno la forza di scene cinematografiche. Come direbbe Zavattini, questi versi "si vedono".  Quella di Edith Bruck è una poesia che esprime tutta la disperazione vissuta sulla pelle, il dolore per la morte della madre, diventata concime o sapone nelle mani di tante persone, ignare dell'orrore che si consumava in quei luoghi di sterminio.  Quella di Bruck è una poesia fatta di sangue e dolore, sempre vivi e pronti a travolgere l'anima della poetessa. Siamo di fronte a una memoria del presente. Per Bruck la Shoah non rappresenta un fatto passato, ma un male che è ancora capace di logorare l'anima e la carne dei sopravvissuti. La scrittura diventa quindi un monito per tutti i popoli della terra: tenere viva la memoria affinché mai più si ripeta quello che è accaduto. Come lei stessa afferma: " La memoria è vita per me. La memoria dovrebbe essere vita per tutti. Non possiamo cancellare il passato perché il passato è il nostro presente e il nostro presente sarà il nostro futuro. Il tempo è uno. Credo che la memoria riguardi tutta l'umanità, non solo coloro che sono stati deportati. Purtroppo dobbiamo parlare sempre noi perché gli altri vorrebbero appiattire, cancellare, allontanare, respingere, mistificare, rimuovere".

Edith Steinschreiber, poi Bruck, nasce nel 1931 da una povera famiglia ebrea, in uno sperduto villaggio dell'Ungheria. Da bambina viene deportata in vari campi di concentramento, tra cui quello di Aushwitz. Sarà liberata, insieme alla sorella, nel 1945. I suoi genitori, un fratello e altri familiari non sopravvivono. Dopo la liberazione ritornerà in Ungheria, dove inizia la sua carriera di scrittrice raccontando l'orrore agghiacciante che ha vissuto.  Ma ben presto scopre che le sue parole non sono accolte come spera. Nessuno s'interessa a quello che scrive, nessuno è disposto ad ascoltarla. Decide allora di lasciare il paese, dando inizio al suo pellegrinaggio. Prima tenta di raggiungere una delle sorelle maggiori (salvate da Perlasca) in Cecoslovacchia, ma il tentativo fallisce. Poi nel 1948, con la nascita del nuovo Stato di Israele, piena di entusiasmo vi si trasferisce. Qui, per evitare il servizio militare obbligatorio, si sposa assumendo il cognome che ancora oggi porta. L'entusiasmo da cui è animata, però,  svanisce ben presto. I conflitti e le tensioni dello Stato di Israele la deludono e così nel 1954 decide, ancora una volta, di trasferirsi. Questa volta in Italia, a Roma, dove tutt'ora risiede. Qui sposa il poeta Nelo Risi, con cui instaurerà un'importante  storia d'amore che darà vita anche a un sodalizio artistico. Ha scritto tutti i suoi romanzi in italiano. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche in cui narra la sua esperienza di sopravvissuta all'Olocausto.

I rintocchi del mare





I rintocchi del mare

ritornano come echi lontani

e germogliano nell'anima

remoti scenari

di un paradiso marino

che avevo vissuto sulla pelle,

e nello spirito con movimento suadente

le onde lavano i residui

di un dolore tagliente.

Il mare cura ogni male fervente

e il profumo della salsedine 

sboccia come un prato di fiori

seminando il sale nel cuore,

il sale della sapienza e della riflessione

che respiro ogni volta

che uno spiraglio di azzurro marino

bagna le mie impronte.


Caterina Alagna

Liberarsi dagli stereotipi sociali. "Altrove" di Morgan.

 "Altrove" è il primo brano da solista di Morgan estratto dall'album "Canzoni dall'appartamento" del 2003. Chiusa l'esperienza musicale con i Bluvertigo, Morgan si chiude in un appartamento in via Sismondi a Milano in cerca di un volontario smarrimento che gli darà l'ispirazione giusta per uno dei brani più belli e testualmente più complessi del panorama musicale italiano. Non è un  caso se la rivista Rolling Stone ha definito "Altrove" la canzone italiana più bella del nuovo millennio. 

Abbandonato il sound sintetico del periodo giovanile che lo vedeva legato ai Bluvertigo, Morgan s'accosta  a suoni più vintage e più armonici, vicini alla melodia degli anni '60, che accompagnano un testo difficile ma al tempo stesso affascinante. Un brano originale che si apre con una congiunzione avversativa, "però", gettando l'ascoltatore nel bel mezzo di una storia ( forse quella autobiografica dell'autore) che non si sa come comincia ma che delinea perfettamente il significato principale della canzone. Il brano vuole essere una ribellione al conformismo, ai pregiudizi, ai preconcetti e alle idee già stabilite. Chiari, in questo senso, appaiono i primi versi,  " mi sveglio col piede sinistro, quello giusto", posti ad indicare una scelta di vita palesemente anticonformista che vede  apprezzare anche la follia  che appare come l'unica via per trovare la felicità, forse perché la follia è libera, non disposta a scendere a compromessi e a macchiarsi d'ipocrisia. Concetto che viene  chiaramente espresso nei versi "c'era una volta un ragazzo/ chiamato pazzo/diceva sto meglio in un pozzo/che su un piedistallo". Nel  ritornello assistiamo al desiderio dell'autore di perdersi nel mondo, che possiamo interpretare come la volontà di sganciarsi da un luogo e un tempo preciso, che spesso caratterizza la vita quotidiana dell'uomo medio, per abbracciare il mondo nella sua complessità, nelle sue numerose sfaccettature, nella sua totalità. Questo desiderio di perdersi, però, potrebbe anche essere interpretato come una speranza di smarrirsi, di non avere una direzione prestabilita e lasciare che la vita faccia il suo corso liberamente. Ma al di là delle possibili interpretazioni, ciò che conta è non rimanere fermi, non restare chiusi nei propri preconcetti ma mettere la mente in continuo movimento, condurla in un viaggio di continua conoscenza. Nella seconda parte della canzone i concetti affermati ricevono una nuova conferma. Pur di vivere libero e non ingabbiato dagli schemi,  l'autore è disposto a rinunciare al suo passato, alla "cosmogonia,  che letteralmente significa l'origine del mondo ma che nella visione autobiografica dell'autore potrebbe tradursi in una rinuncia alle sue origini per concentrarsi sull'avvenire che si presenta in continuo movimento, caratterizzato soprattutto dalla necessità di lasciare la propria impronta, la propria idea libera, non intrappolata negli stereotipi sociali e culturali. In tal senso interessanti appaiono i versi finali : "svincolarsi dalle convinzioni/dalle pose e dalle posizioni". Questi versi racchiudono il significato ultimo della canzone, ovvero rappresentano un invito a chi ascolta a ragionare sempre con la propria testa e a tracciare un proprio percorso, non condizionato dalle opinioni e dai giudizi altrui. 

Altrove
Però(Che cosa vuol dire però)Mi sveglio col piede sinistroQuello giusto
Forse già lo saiChe a volte la folliaSembra l'unica viaPer la felicità
C'era una volta un ragazzo chiamato PazzoE diceva sto meglio in un pozzo che su un piedistallo
Oggi ho messoLa giacca dell'anno scorsoChe così mi riconoscoEd esco
Dopo i fiori piantati, quelli raccoltiQuelli regalati, quelli appassiti
Ho decisoDi perdermi nel mondoAnche se sprofondoLascio che le coseMi portino altroveNon importa dove(Non importa dove)
IoUn tempo era sempliceMa ho sprecato tutta l'energiaPer il ritorno
Lascio le parole non detteE prendo tutta la cosmogoniaE la butto viaE mi ci butto anch'io
Ho decisoDi perdermi nel mondoAnche se sprofondo
Applico alla vitaI puntini di sospensioneChe nell'incoscienteNon c'è negazione
Un ultimo sguardo commosso all'arredamentoE chi s'è visto, s'è visto
Lascio che le coseMi portino altrove

Svincolarsi dalle convinzioni
dalle pose e dalle posizioni




Ti sentivo

Ti sentivo pulsare sotto la pelle. Nel tuo sguardo ascoltavo un boato silente mutarsi in poesia. Ancora sussurro la tua placida voce a sazia...