Tieni viva la memoria


 

La libertà insudiciata, stuprata,

circondata da un filo spinato,

con le mani imbrattate di sangue e di fango, 

con la pelle aderente alle ossa, 

osservava sorgere il sole oltre la fossa, 

anelando che un raggio di luce 

trapassasse quel buio atroce

in cui l’onda del male triturava

la carne umana.


Le tenebre regnavano sovrane

su quelle povere teste umane. 

Dalle squallide bocche dei carnefici 

esalavano fetide parole di zolfo e di cenere.

L’innocente pianto dei bambini, delle donne 

e degli uomini, 

polvere nel vento,

si spargeva nei campi coltivati,

si posava sui tetti delle case 

dove le persone vivevano ignare. 


Nudi, malati, marchiati e torturati

per la colpa di non essere ariani,

perché erano ebrei, rom o omosessuali. 

Cosi pensavano i loro aguzzini

artefici di quel male insulso

che nella più ostinata ignoranza  trova gusto, 

che sfocia le sue voglie disumane 

nella  ferocia più brutale. 

 

Quella ferocia che in alcune anime,

quiescente, sempre riposa,

come un vulcano addormentato

è pronta ad esplodere ancora.

Per questo bisogna tener viva la memoria, 

affinché mai più sfoderi i suoi artigli

quell'orrido avvoltoio di nome Odio.


Caterina Alagna



Cuore di periferia


 

Un pianto lieve 

felpato come la neve

serpeggia dietro una nube di poesia,

falsa parvenza di allegria,

solitario s'effonde nella vasta radura

dei sogni negati alla vita.

 

Nelle vecchie borgate di periferia

un cuore tristemente s'arrende,

è un riccio raggomitolato in se stesso,

un tenero arbusto sbilenco

che non trova più l'animo

di inoltrarsi negli anfratti  del tempo.


Il futuro ha smarrito il suo smalto,

si è consegnato a uno scialbo presente

ricolmo di tacite lacrime e parole spente, 

di mani scabre e tasche vuote,

nell'anima solo l'amore.


Amore intenso, incessante, eterno 

per gli occhi dei figli innocenti

che patiscono la fame 

e la penuria degli inverni.

Occhi che trovano rifugio 

tra le braccia straziate dei loro cari

sottomessi e ammaccati

dal lavoro estenuante e precario,

dal mondo che è sempre più avaro,

da un sogno terribilmente mancato.


Povera vita che annaspi nell'acredine 

dei borghi di periferia,

tra sterili passi e pensieri pesti,

ti nutri di polveri e foglie sparse,

di accumuli di case e giorni riarsi.

La gioventù donò i suoi anni alle miserie,

alla povertà e alle macerie.

E il fuoco resiliente

che un tempo sguainava la sua lingua ardente,  

si incenerisce, inzuppato dalle stille

di quel pianto lieve

mentre felpata scende la neve.

 

Caterina Alagna

 

A volte succede

A volte succede che i sogni si sbriciolano e i cieli turgidi pesano sulla schiena, si sciolgono le ossa e perfino la luna sembra solo un sas...