Problema

 

Raga, ho un problema con blogger. Non riesco più a commentare sui vostri post con il mio account Google. Su alcuni blog riesco a commentare inserendo l’url, su altri invece mi impedisce anche questa opzione. In pratica mi dice che se voglio lasciare un commento devo accedere con Google. Io sono già connessa a Google , comunque tentando di cliccare per accedere si riavvia solamente la pagina, e sto sempre punto a capo. Qualcuno di voi ha avuto il mio stesso problema in questi anni? Sa come si può risolvere? 

Speranza

 

 

 

 

Su mani consunte

si rigenera quotidiana la vita,

oltre sterili sterpi, che lacerano

anime rivestite di lacrime,

emerge la tenacia di un sorriso.


Un esile stelo di speranza

risorge dalla volta del cielo,

una buia e infinita distesa

può radere al suolo la mente

senza  un respiro d'amore

che passando lenisce corpose ferite.


Caterina Alagna

Make love not war. Clemente Rebora, poeta di guerra



In questi giorni tristi caratterizzati dal dolore per la guerra in Ucraina e dalla paura di un possibile allargamento del conflitto, mi sono chiesta se questa inclinazione dell'uomo a scandalizzarsi per gli orrori della guerra per poi cancellare tutto con un colpo di spugna, ricominciare ogni volta con gli stessi  errori e le stesse aberrazioni,  non sia scritta da qualche parte nel nostro codice genetico. Perchè non si spiega, non ha una spiegazione logica questo continuo dimenticare e comportarsi come se certe cose non fossero mai accadute. Forse, come diceva Freud, gli uomini oltre che dalle pulsioni del piacere, sono spinti ad agire dalle pulsioni di morte che li incitano alla distruzione del mondo e di se stessi. Allora mi sono chiesta a che cosa serva la voce dei poeti e degli scrittori-che hanno vissuto quegli orrori sulla loro pelle-che ha cantato, urlato, manifestato contro la guerra. A cosa serve studiare le loro voci  se sentiamo quello che hanno da dire ma non li ascoltiamo col cuore, non assorbiamo davvero le loro parole? Lo abbiamo visto anche con la pandemia, basta prendere in mano I promessi sposi per vedere come abbiamo commeso col Covid gli stessi errori e le stesse invenzioni di teorie complottiste e negazioniste esattamente come nel 1600 i Milanesi fecero con la peste. A cosa è servito studiare i Promessi Sposi, solo a prendere dieci in italiano? Sono risposte che so che non riceveremo mai, o magari un giorno la scienza  riuscirà a spiegarci perchè l'uomo si comporta così. Nonostante tutto credo sia importante non spegnere la voce dei poeti e degli scrittori, è necessario che la loro voce sempre si propaghi come un incendio e magari un giorno, forse è solo un'illusione, la fiamma della saggezza divamperà e gli uomini andranno incontro a una nuova evoluzione. 

La voce che ho deciso di postare è quella del poeta Clemente Rebora,  presbitero e reduce di guerra. Sergente durante la Prima Guerra Mondiale, racconta gli orrori della guerra e le sue vicende macabre. Uscirà dal conflito profondamente colpito. Riesce a sopravvivere a una ferita alla tempia provocatagli dallo scoppio di una granata, ma l'episodio lo segnerà per sempre, soprattutto sul piano psicologico. Soffrirà di nevrosi da trauma. Della poesia di Rebora colpisce soprattutto la crudezza delle parole, la descrizione di episodi brutali, la tendenza a soffermarsi su particolari toccanti e lugubri. Il messaggio è chiaro: cercare di suscitare pietà per l'umanità lacerata dalle atrocità della guerra. 

Viatico

O ferito in fondo alla piccola valle,
avrai chiesto aiuto con molta insistenza
se tre compagni di guerra integri
morire per te che quasi più non eri vivo.
Tra melma e sangue
come un albero abbattuto
e il tuo lamento straziante continuava,
senza pietà per noi rimasti in vita
a contorcerci perché non vedevamo l’ora che finisse,
velocizza la tua morte,
tu solo puoi mettere fine a questa sofferenza,
e ti sia di conforto
nelle tue condizioni di demenza ma ancora cosciente
in questo momento di attesa della morte
l’intorpidimento della sensibilità,
ma ora devi attendere quel momento in silenzio –
grazie, fratello.


In questa poesia Rebora racconta quel che ha visto con i suoi occhi. Vede cadere in fondo a un vallone tre compagni corsi per soccorrere un commilitone ferito. Il soldato ridotto a un tronco senza gambe invoca aiuto e loro, devastati dall'orrore e dalla paura di morire, impotenti di fronte a quelle immagini atroci, lo esortano a velocizzare la sua morte. Può sembrare una preghiera inumana, ma il messaggio della lirica è chiaro: la guerra è così tremenda, orribile, raccapricciante, terrificante che persino la morte a confronto è un'esperienza meno crudele.

 

Voce di vedetta morta

C’è un corpo in poltiglia
con crespe di faccia, affiorante
sul lezzo dell’aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
affar di chi può, e del fango.
Però se ritorni
tu uomo, di guerra
a chi ignora non dire;
non dire la cosa, ove l’uomo
e la vita s’intendono ancora.
Ma afferra la donna
una notte, dopo un gorgo di baci,
se tornare potrai;
sòffiale che nulla del mondo
redimerà ciò ch’è perso
di noi, i putrefatti di qui;
stringile il cuore a strozzarla:
e se t’ama, lo capirai nella vita
più tardi, o giammai.

 

La poesia si apre con l'immagine di un corpo ridotto in poltiglia, che almeno nella testa del poeta sembra parlare ancora. E rivolgendosi a chi è ancora in vita, se un giorno ritornerà a casa, dice di non parlare di guerra a chi non la conosce, intende forse coloro che sanno ancora apprezzare il valore della vita. Lo esorta a non abbandonarsi, ad aggrapparsi alla vita, ad amare intensamente ma a non dimenticare i soldati morti in guerra ( i putrefatti di qui), morti sia dal punto di vista fisico che morale a cui nessuno potrà più ridare indietro la vita.




 




La paura

 


 

La paura, maestoso fiume in tempesta,

frantuma gli argini 

e pavida la mente resta a contemplare 

soffici ombre di ardesia.


L'anima stanca e sfibrata

goffa riprende il volo

e torbide nubi di cera, nere

come ali di piombo, si accalcano

generando un vortice tenebroso.

 

I densi pensieri della sera 

s'attorcigliano lungo il percorso 

sbranati dalla paura,

mentre tenui raggi di luce

nell'ombra passano ignorati.


Caterina Alagna

Ti sentivo

Ti sentivo pulsare sotto la pelle. Nel tuo sguardo ascoltavo un boato silente mutarsi in poesia. Ancora sussurro la tua placida voce a sazia...