Romanzi diversi, la raccolta poetica di Alberto Longhi



Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta" vi presento Alberto Longhi, autore della raccolta "Romanzi diversi", pubblicazione indipendente.

Alberto Longhi è laureato in Lettere Antiche presso l'Università degli Studi di Milano. Insegna discipline letterarie presso istituti di scuola secondaria, studia da autodidatta in ambito filologico e nutre una grande passione per la poesia.

La silloge"Romanzi diversi" si può definire un insieme di riflessioni meditative sulla vita e sul proprio vissuto. La raccolta si dispiega sul flusso di coscienza che scorre libero nella mente dell'autore e che finisce per risolversi in un'indagine sull'animo umano. I mezzi di trasporto, come la metropolitana e l'autobus, fungono da sfondo e allo stesso da ispirazione ai versi. Il risultato sembra dar vita a un genere di poesia urbana,  dove per urbana si intende una poesia che attraversa la città, che corre sui treni, che scorre tra i palazzi e gli angoli delle strade, che penetra nella gallerie della metropolitana, che si nutre di vita quotidiana ma che, allo stesso tempo, conserva le caratteristiche della poetica tradizionale. I versi sono espressi in rima e disseminati secondo le regole della metrica classica, dando vita a un getto di note armoniche e musicali davvero piacevole alla lettura. Per godere della musicalità e dell'intensità del testo, a tal proposito, invito i lettori a leggere questa silloge a voce alta. 


  Spesso viviamo rincorrendo un sogno,

tenendo però la realtà lontana,

come una promessa che sarà vana,

non capendone il corretto bisogno.

  Spesso a pensare così non agogno,

quando ogni malumore si dipana,

quando prendo la metropolitana,

quando dei pensieri non mi vergogno.

  Raramente, adesso, negativizzo

gli assordanti pensieri così impressi

nelle memorie del brutto passato.

  Raramente, ora, gli eccessi realizzo

nel vuoto di sentimenti indefessi

contro cui, non so per quanto, ho lottato.  


Mentre ci si immerge nella lettura dei componimenti di Alberto Longhi, sembra quasi di ascoltare la nostra voce. La sua poesia è un coro di voci universale, la sua è un'anima capace di accogliere e accomunare tutti gli uomini. I dubbi esistenziali, le incertezze della vita mai risolte, le dinamiche a cui non sempre riusciamo a dare una spiegazione, si alternano tra i versi fino a riflettersi sulla nostra pelle, la quale diventa uno specchio sui cui scorre la nostra mente. Ci si ritrova insieme al poeta a parlare degli stessi pensieri, a familiarizzare con le inquietudini della sua vita che, in fondo, sono simili alle nostre.

A voler tracciare un filo conduttore che attraversi tutta l'opera, possiamo dire che questo ruota intorno a una dinamica di tipo dualistico, mediante la quale Longhi narra il proprio modo di concepire la vita. Da una parte c'è l'antico male di vivere che da sempre ossessiona gli uomini, responsabile di un senso di vuoto e turbamento, dall'altra il desiderio di non arrendersi, di non rassegnarsi al dolore, di trovare speranza nella lotta quotidiana con la vita, nel godere degli istanti felici che pur esistono nel magma dolente dei giorni.


  Mangiando nel mio solito locale,

in una fredda giornata di maggio,

privo di ogni dilemma esistenziale,

un po' di imperturbabilità assaggio,

nella tranquillità quasi orientale

a liberarmi da ansie mi incoraggio.

In un momento sacro come un tempio

mi perdo: di pace interna mi riempio.


Attraverso il dualismo il poeta descrive anche il sentimento per eccellenza: l'amore. Si staglia tra le righe, infatti, il dissidio interiore per un amore divenuto dolore ma che nell'anima ancora vive e diventa estasi di piacere:

 " E ti guardo a non finire, mio amore, / continuando a sognare le tue labbra/ che pagherei oro pur di sentire; / e riesci a eliminare ogni dolore / fin quando mi appoggio sulle tue labbra /che mi fanno pensare di svenire."  


Una sezione importante è dedicata agli aforismi. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a espressioni di intensa profondità, dove ancora una volta protagonista è il pensiero rimuginante, che se da una parte non si rassegna a un passato felice che ha lasciato spazio soltanto alla sofferenza, dall'altra si apre al futuro e alla ricerca di un nuovo equilibrio in cui collocare il presente. Ma la condizione per vivere in equilibrio passa inevitabilmente attraverso l'accettazione di sé e di quello che è accaduto. Solo mediante questo passaggio di consapevolezza si riconosce e si apprezza il buono che è in noi.


  Che difficoltà sapere accettarsi,

nell'enorme problema di apprezzarsi;

ma ho imparato a vivere come sono,

perché riconosco dentro di me il buono. 


Questa è una raccolta estremamente riflessiva, in cui Alberto Longhi invita il lettore a meditare su come possa essere pericoloso il logorio incessante della mente, la quale distacca l'uomo dalla realtà per condurlo in una dimensione distorta che lascia spazio soltanto all'ansia, al dolore e alla solitudine. In questa solitudine, però il poeta trova il legame con gli altri. Siamo tutti soli, la voce sola del poeta è la voce sola di tutti, la voce della solitudine diventa la voce della moltitudine. Quella di Alberto Longhi è la poesia del solo che abbraccia il tutto, che abbraccia tutti. È condivisone di sentimenti, di emozioni, di insicurezze. È condivisione di umanità. È il poeta stesso a dirlo:

 "Non è, in fondo, questa solitudine/uno stare con la moltitudine?". 

In conclusione, invito i lettori a leggere questa profonda raccolta col cuore aperto, con la mente libera alla riflessione, alla coscienza, alla consapevolezza. Vi ritroverete a sentirvi in familiarità con il poeta, trovando nei suoi pensieri il vostro cuore.



“W la poesia”, la raccolta poetica di Franca Bottari


Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Franca Bottari, autrice della raccolta  “W la poesia", Porto Seguro Editore, 2024. La sua raccolta, attraverso domande esistenziali, pone l'attenzione sui valori importanti della vita, non senza suscitare profonde emozioni nel cuore del lettore.

Franca Bottari si diletta nella stesura di poesie e non solo. La sua poetica affronta temi di natura spirituale e non manca di porre nei testi una certa visione analitica della realtà, dell'esistenza, dell'amore. La poesia è la sua pelle, è la sua anima. Leggendo i suoi versi, leggiamo la sua persona, il suo cuore. Oltre che della scrittura, Frana Bottari è profondamente innamorata dell'amore e della vita.


BASTA

C'è un bisogno imminente

di verità. Grido basta

ai finti sorrisi, alle

false promesse,

ai convenevoli.

Grido basta all'arroganza

e a comode parole di fuoco.

L'ipocrisia arde lentamente

e l'inferno ne alimenta 

il potere, la menzogna

e la gloria dei codardi.


I versi, disseminati in maniera elegante,  emettono un grido di verità, libero da pregiudizi e convenzioni sociali. Seppur semplici, trasudano intense emozioni. Il linguaggio è limpido, diretto, coinvolgente e ha un chiaro scopo: aprire il cuore e la mente. Franca Bottari ci invita a non rassegnarci all'ipocrisia, ai rapporti falsi nati per convenienza, ma a cercare la verità, la quale risiede nella semplicità di un sentimento sincero. L'amore è la via per la felicità, per la serenità, per la beatitudine. Non si tratta, però, solo di amore di coppia, si parla di amore universale, che accoglie e apprezza la vita nella sua interezza. E l'amore si realizza nella semplicità della vita, nei pochi istanti preziosi che non bisogna perdere. Ecco allora l'invito a cogliere l'attimo, a vivere intensamente,  a lasciarsi andare alla vita.


CARPE DIEM

Un salto al di fuori di questa 

membrana gelida che avversa

contro le soglie del mio destino.

Non so cosa possa succedere.

Forse oltrepasserò 

i miei limiti, provenienti 

dalla mia sensibile coscienza.


Mi scaglierò in un qualsiasi vagone,

su quel treno infinito che percorre

gli infiniti spazi dei momenti

della vita.

Carpe diem. 


Nei versi che scorrono liberi e freschi, risuona una grande spiritualità. La poetessa ci parla del mondo dei nostri giorni, sempre più vuoto, dove gli unici valori sono quelli materiali, dove a contare sono solo gli interessi. Questo modus vivendi è la causa dell'infelicità umana, perché la vera felicità la si può ritrovare solo dentro se stessi, nell'anima, lì dov'è possibile essere in armonia con l'intero universo. La poetessa è alla ricerca di quei luoghi ancora abitati dalle anime, luoghi che non è possibile vedere solo con gli occhi, ma che è necessario sentire col cuore.


LA CITTÀ DELL'ANIMA

Tu, parlami del viaggio infinito,

qui nel regno dei poeti dannati,

ignorati da chi l'anima l'ha persa

nella Babele del mondo. Tu, dimmi

quel luogo dove dimorano i romantici,

quel luogo dove percepire vibrazioni

è consuetudine, dove i miei occhi

s'incantano alla bellezza

di un cuore nobile.

È la città di chi rimane,

perché da lì non si ritorna, la città

di chi un'anima ancora ce l'ha.


Nell'anima risiede la vera bellezza. Accogliere la nostra anima, significa accogliere la nostra unicità, significa accettare anche le nostre imperfezioni. Man mano che ci si inoltra nella lettura, sembra echeggiare nei versi il monito dell'oracolo di Delfi: conosci te stesso. Solo in questo modo sarà possibile vivere mettendo in equilibrio il mondo interiore con quello esteriore.

In conclusione invito il lettore a gustare questi versi con calma, lasciando aprire la mente alle riflessioni e il cuore ai sentimenti, alle emozioni, ovvero a ciò che tiene in vita la nostra anima. 

Barlumi d(')istanti, la raccolta poetica di Maria Teresa Zanca



Oggi per la mia rubrica "Conosciamo un poeta" vi presento la poetessa Maria Teresa Zanca, autrice della raccolta poetica Barlumi d(')istanti, Nep Edizioni, 2024. Questa raccolta è un vero e proprio canto d'amore, dove l'amore non è descritto solo come amore di coppia, ma è inteso, piuttosto, in chiave olistica:  per la vita e per ogni persona che s'incontra sul proprio cammino. Amore che viene esplicitato in una sequenza di ricordi tesi a suscitare nel lettore intense emozioni. 


Istanti

Anche ora
una nota mi basta
nel silenzio notturno di quella pista
e la musica torna.
Mi soggioga e mi frastorna
coi colori
con le luci
coi sussurri
delle parole che bisbigli
ma che non dici.
Una stretta
un minuto
e l'istante è passato.
Un'immagine ancora
una goccia che si aggiunge
a un torrente già in piena.


Nei versi di Maria Teresa Zanca riecheggia il dolore per un amore perduto ma nello stesso momento la poetessa lascia una possibilità alla luce di tornare. La luce si concretizza in barlumi d(')istanti, ovvero in sprazzi di ricordi piacevoli, in un dolce passato che si affaccia sul dolore vissuto per lasciare un tepore d'amore e di pace. Sono istanti distanti che nuovamente ritornano, ma la loro natura è effimera(  spariscono velocemente e non hanno concretezza) e tuttavia ciclica, destinata a ripetersi nella mente della poetessa. Il linguaggio è semplice ma arriva dritto al cuore, grazie a uno stile elegante. Maria Teresa Zanca ricama versi di velluto, delicati e comprensibili, capaci di riprodurre immagini chiare come dipinti nella mente del lettore. Man mano che ci si immerge nella lettura, s'avverte la sensazione che la penna si trasformi in un pennello, il foglio in una tela e l'inchiostro in un mare di colori e di luci.


Melodia

Suona un organo
e fiumi d'incenso m'avvolgono
come un sogno inebriante e crudele.
Come cigni,
padroni di cieli infiniti
giocavamo a inventare l'amore
tra tenui barlumi d'amori autunnali
e bagliori di fiamme rubate al tramonto.
Poi 
la notte arrivò 
scintillante di raggi di luna
volteggiando
tra foglie bagnate di pioggia
che il vuoto abbracciava in un vortice lento.
Le promesse d'un giorno d'amore.
Breve storia d'un cigno
il cui canto di morte permane nell'aria
epitaffio d'amori svaniti.

Il lutto è uno dei temi principali che attraversa l'intera raccolta. Numerose le poesie dedicate all'amato e alle persone care che non ci sono più. Il dolore si dispiega in versi davvero commoventi, versi posseduti dal passato che diventa una dolce trappola ingannatrice. La poetessa è invischiata nei ricordi d'amore più belli, che come miele si offrono ancora al cuore e che tuttavia inondano il presente di dolore. Ma la poesia di Maria Teresa Zanca non è triste. S'avverte sotto l'epidermide il desiderio di continuare ad amare e sperare nella vita e nel futuro. Il dolore non ha offuscato ogni angolo del cuore. Ed è forse questo il messaggio principale di cui si fa portatrice la raccolta: l'amore può vincere la morte. Amore che è sempre speranza, amore che è attaccamento alla vita, agli attimi, ai barlumi d'istanti che ancora ci attendono e che dobbiamo afferrare senza paura. Risuona vivo e forte il richiamo al messaggio dei latini: carpe diem, cogli l'attimo. Vivi qui ed ora. 


Prendiamo(lo)

Gli anni passano 
scorre veloce il tempo
come un torrente in piena
che travolga sul suo passaggio
tutto:
le scuse rimaste in gola
gli abbracci impacciati
i baci solamente immaginati
le lacrime inghiottite
le occasioni perdute
le speranze smarrite.
La vita fugge:
sul suo passaggio 
briciole di sogni
che l'ignavia corrode,
scintille di carezze
che l'apatia distrugge.
Prendiamo(lo)
    quel momento
e se la vita non ci basta
inventiamone altri cento
incendiamo con foga e passione
le attese sterili
le pause inutili
le quisquilie futili
osiamo dirle
quelle parole
e facciamolo adesso!



In conclusione invito il lettore ad approcciarsi ai versi di Maria Teresa Zanca col cuore aperto. La dolcezza delle parole sarà capace di far vibrare le corde dell'anima. Non poche le poesie commoventi, non poche le poesie familiari. Questa raccolta è un messaggio d'amore e speranza che parla a quel sentire comune che dentro ognuno di noi. A mio avviso, è una raccolta che incarna il senso della poesia, condividere quelle le emozioni comuni a tutti gli uomini, a quei barlumi d('i)stanti che superano ogni distanza e ci fanno sentire meno soli. 



Dispersa




Dopo molti giorni di assenza, mi riaffaccio sul blog...tante, troppe cose da fare. Ciò che mi è dispiaciuto è non aver avuto il tempo di passare a trovarvi, amici...ma cercherò di recuperare.

Intanto vi lascio una mia poesia


Dispersa

C’è una tesa armonia
tra i fiori screziati e vispi
esposti sul davanzale.
Uno quasi mi tende un petalo
come la mano di una sorella
nel momento del pianto.
Si sente il bisogno
di un nido ospitale,
di un abbraccio fraterno
che odori di fresca rugiada.
Lungo la strada
ho sprecato il mio tempo.
Ora mostro l’incanto,
ma sono risucchiata dal nulla,
come quel fiore disperso
su un pezzo di marmo,
ruvido e pallido.

Caterina Alagna


"La percezione dell'indistinto", di Giulia D'anca




Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Giulia D'Anca, autrice della raccolta poetica "La percezione dell'indistinto", Eretica Edizioni, 2023. L'obiettivo principale della silloge è quello di focalizzarsi sulla condizione fragile dell'essere umano. Partendo da un'analisi attenta e approfondita, l'autrice tenta di tracciare un'indagine dell'animo umano e allo stesso tempo cerca di definire un profilo collettivo, al fine di trovare un senso alla realtà sociale sempre più incomprensibile.

ALLE SPALLE DEL MARE


Alle spalle del mare

c'è un'altra foresta

chinata

a testa in giù,

piegata sulle attese

fregiate di ricordi.


Al confine dell'acqua

c'è un altrove di incertezze.

Coglierà la nostra essenza di rose

senza nascita

e legame,

solo spine rotte

dai fiumi negli occhi.


Non appena ci si immerge nella lettura, si viene travolti da una stesura di versi pregiati, caratterizzati da uno stile aulico e ricercato. Il linguaggio, a tratti ermetico, si fregia di metafore, allitterazioni e sinestesie che restituiscono al testo un coro di armoniose note. Giulia D'Anca entra con delicatezza nelle stanze recondite dell'anima, ma allo stesso tempo riesce a entrare nel profondo e a cogliere l 'essenza propria dell'individuo umano, quella dimensione dove le certezze vacillano, quella dimensione dove trovano rifugio tutte le nostre fragilità, quella dove regna la solitudine. Addentrarsi nell'animo umano comporta il rischio di attraversare la notte, sfiorare le ombre che ci hanno fatto soffrire, che ci hanno fatto rinunciare alla vita. Ma in questa analisi animica, la poetessa non si limita a prendere consapevolezza della parte buia che abita all'interno di ogni uomo. Vuole piuttosto tentare un viaggio interiore alla ricerca di sé, alla ricerca di un senso, alla ricerca delle vere ricchezze umane che sono intoccabili. 


RESPIRI


La notte ha mille pupille

e un solo colore riflesso,


Una laguna 

che non accoglie i respiri,

fitta di mangrovie acerbe e

discrasie di spirito.


L'ipotesi agognata e

non per questo vinta

è cercare se stessi. 

Che è questione di pochi.



Un messaggio di speranza attraversa tutta la silloge: toccare la notte significa andare incontro alla luce. Si possono raccogliere i pezzi frantumati del proprio sé e tentare di ricomporli, anche se forse quella di cui la poetessa si fa portatrice è una magra speranza: la consapevolezza è questione di pochi. Man mano che si legge la raccolta, si  sente echeggiare tra i versi il panta rei degli Eraclitei: la vita è un continuo divenire, uno scorrere di eventi in cui la realtà perennemente si trasforma e si rinnova. Concetto che s'incarna nell'immagine dell'acqua, la quale più volte ricorre all'interno della raccolta. 


L'ALTRA SPONDA DELL'ACQUA


I fiumi scorrono

anche io

lambisco

l'acqua con loro,

ma lei scappa e si riversa,

cambia forma;

per tornare chiara

demolisce il mistero,

bacia la pietra in un incanto perenne.

La storia della vita di tutti

è scivolata vita,

cancellando il dolore

ma non il ricordo di averlo provato.

Qualunque sia l'altra sponda dell'acqua

-guardandovi dentro-

ho passato la vita ad attraversarla,

non aspettando che me.


L'acqua cambia continuamente forma, e noi uomini siamo fluidi esattamente come essa. Possiamo cambiare la storia della nostra vita. Tutto passa, tutto scivola via, persino il dolore. La poetessa, come abbiamo detto, tenta di tracciare un profilo collettivo dell'individuo umano. Tutti gli uomini sono accomunati da un senso di fragilità e dolore. Ed è possibile rintracciare un percorso di consapevolezza di sé, "raccogliere i frammenti, raccontarli sgretolati" e ritrovare "l'eccezione di un verde dipinto germoglio tra il cemento e il ferro". La silloge si conclude consegnandosi alla luce, alla possibilità di comprendere i nostri dolori e capire che in fondo sono necessari per accettare e realizzare il bene, l'amore : "ameremo i nostri demoni, li capiremo sacri, e poi ameremo le notti, le capiremo stelle". Familiarizzare con il dolore significa permettersi di amare se stessi e amare la vita.



Ti sentivo




Ti sentivo
pulsare sotto la pelle.
Nel tuo sguardo
ascoltavo un boato silente
mutarsi in poesia.
Ancora sussurro
la tua placida voce
a saziarmi di frutti soavi,
a spalancarmi
l'immenso teatro
delle mie emozioni.
Caterina Alagna

A volte succede




A volte succede che

i sogni si sbriciolano

e i cieli turgidi

pesano sulla schiena,

si sciolgono le ossa

e perfino la luna

sembra solo un sasso

crocefisso a una notte galera.

Eppure franano i miracoli

dagli occhi offuscati

e sulle labbra s'appoggiano

fausti ricami di sole.

Succede che un bacio sfiorisce

ma il cuore è un'aiuola dorata,

un sussulto carnale

che impregna l'anima.


Caterina Alagna

Romanzi diversi, la raccolta poetica di Alberto Longhi

Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta" vi presento Alberto Longhi, autore della raccolta "Romanzi diversi", pubblicazi...