A mio padre
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
«Com’è bella la notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno». Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
Biografia
Alfonso Gatto nasce a Salerno nel 1909. Scopre la sua passione per la poesia e la letteratura frequentando il liceo classico della sua città. Dopo il diploma decide di continuare gli studi universitari a Napoli, ma sarà costretto a lasciarli a causa di problemi economici. Sposa la figlia del suo professore di matematica con la quale fugge a Milano. Da quest'amore nasceranno due figlie. Dal punto di vista lavorativo ha una vita piuttosto inquieta. Nel corso della sua vita, infatti, svolgerà diversi lavori: dapprima commesso di una libreria, poi istitutore di collegio, correttore di bozze, insegnante e giornalista. Antifascista dichiarato, nel 1936 viene arrestato e condotto nel carcere di San Vittore dove vi resterà per sei mesi. Nel 1938 insieme a Pratolini fonda la rivista Campo di Marte, un periodico riconducibile all'ermetismo fiorentino che resterà attivo solo per un anno. Nel 1943 entra a far parte della Resistenza. Dopo la guerra diventa il direttore di "Settimana" e inviato speciale de "L'Unità", assumendo un ruolo di spicco nella letteratura comunista. Ha scritto diverse raccolte poetiche: Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), La storia delle vittime (1966), Rime di viaggio per la terra dipinta (1969). Nel 1976 perderà la vita in un incidente stradale.
In quell’inverno
Dicevi: basterebbe restasse tra noi
il modo di chiamarci, il modo di tacere.
Dicevi: tornerà quest’ansia di stare insieme
in ascolto di noi come del vento,
passerà il bicchiere di mano in mano...
Ora la vita non ha più contento,
nel dividerci ognuno alla sua vita
che lo porta lontano.
Non è rimasto nulla, la memoria
a volte accende il fuoco, chiama le ombre
a sedere, a tacere in quell’inverno.
Poetica
Alfonso Gatto è uno degli esponenti più importanti dell'ermetismo italiano. È possibile, però, conoscere a fondo la sua vita poetica solo a partire dal 1932, anno in cui pubblica la sua prima raccolta, Isola. Poche sono, infatti, le notizie della sua giovinezza a Salerno. Si ignorano quali siano state le sue prime letture e gli incontri con intellettuali di rilievo. Senz'altro quel periodo inquieto e turbolento ha influito sulla sua poesia. Isola, definita dal poeta stesso come ricerca di assolutezza naturale, è una raccolta pienamente ermetica che si traduce nella scelta di un linguaggio allusivo, rarefatto e senza tempo. La sua è un poesia dell'assenza, del vuoto, caratterizzata dal frequente ricorso alla melodia. Gatto resterà fedele a questa poetica fino al 1941. Dopo la guerra, infatti, sembra allontanarsi dal disimpegno ermetico per avvicinarsi a temi più espliciti, come il dolore degli uomini causato dalla seconda guerra mondiale. Periodo che lo vede coinvolto come protagonista nella Resistenza e che, nella produzione di raccolte poetiche, sfocerà in versi che mettono in luce la sua esperienza bellica. La raccolta di poesie che più ha attratto l'attenzione dei critici è La forza degli occhi, per il carattere visionario della poesia, in cui si assiste a un'unione di ermetismo e surrealismo che vede Gatto dare maggior spazio all'immaginazione piuttosto che al sentimento.
Due temi ricorrono spesso in tutta la sua produzione poetica: la memoria, espressa in immagini idilliache e oniriche; e l'amore, tema principe presente in tutte le poesie e che viene presentato in tutte le sue sfaccettature.
In un soffio
Risvegliare dal nulla la parola.
È questa la speranza della morte
che vive del suo fumo quando è sola,
del silenzio che ventila le porte.
Il passato non cessa di passare
e l’odore che sparve è l’aria calda
che ferma gli oleandri lungo il mare
in un soffio di mandorla e di cialda.