Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Melania Ferrari, autrice della raccolta poetica "Se dir posso", edita da Edizioni Dialoghi, nel 2023. Ringrazio la casa editrice per avermi inviato la copia digitale.
"Se dir posso" è una raccolta incentrata sul rispettoso ardire della poetessa Ferrari, la quale senza mai urlare, esprime il proprio pensiero, la propria visione della vita. Il suo poetare è un flusso libero di parole senza pretesa di giudizio, una meditazione sulla realtà in cui viene trascinato anche il lettore. L'opera è divisa in otto sezioni: Sezione di me, Numeri, Apologie, Dialoghi, Sassolini, Danze di donne, Domande, Tanti auguri. Ogni sezione rappresenta un angolo di mondo su cui l'autrice sofferma lo sguardo e proclama la sua educata opinione.
Nella poesia “Se dir posso", che apre la raccolta e che dà il titolo alla silloge, è contenuta una falsa richiesta di consenso, di cordiale accordo col lettore, di raccontare la propria verità.
Se dir posso
Se dir posso, il mondo mi piace
e non mi piace.
Se dir posso, i bipedi in cui s'incappa
dovrebbero rimanere coerenti con i primi secondi
che si vive.
Se dir posso, che i luccichii restino abbaglianti
e le macchie sporche sporche.
Se dir posso, il tempo dovrebbe meno fidarsi
dell'esser clessidra
e tentare di essere ampio mare.
Se dir posso, il verticale chiama a sé
l'eccessiva fatica del salir.
Se dir posso, l'orizzontale soffoca
il bisogno umano di essere meno terreno.
Se dir posso, Cecco Angiolieri spesso imiterei
e nella rivoluzione il globo immergerei,
per pulirlo da lordure,
per scrostare sporco in eccedenza,
per lustrare ciò che di cenere è coperto.
Se dir posso, la verità andrebbe
detta veramente in modo vero.
Se dir posso la bellezza andrebbe
insegnata con il bel primo passo.
Se dir posso, una bilancia dovrebbe
esser posta in ciascuno
per dar peso ai grammi di parole.
Se dir posso, si dovrebbe metter a digiuno
l'obesa comunicazione
a regime essenziale
di brutture.
Dai versi eleganti emerge il desiderio di pulire il mondo, col fine di dare spazio alla verità sepolta sotto un mare di brutture, vomitate ogni giorno da un' "obesa comunicazione". Ci invita a fare silenzio la poetessa, a bilanciare le parole, a meditare. I versi sembrano rimarcare il socratico ammonimento che esortava gli uomini a fare un corretto uso della parola, ossia, a pronunciarla solo se utile, vera e buona. Ma la parola di Melania Ferrari non sembra rivolta solo ai lettori, ma anche a se stessa. Essa attraversa la sfera personale, apre la finestra su un vissuto sofferto che ha lasciato tanta tristezza, e ora, con dovuto distacco, si offre nuovamente agli occhi dell'autrice e si ricopre di nuova consapevolezza. Emblematici in tal senso appaiono i versi della poesia "Saluti definitivi": "ma tanti sono coloro/ a cui, con la tua partenza fisica,/ darò il saluto definitivo:/ viventi/ che non hanno saputo ascoltare le mie parole, viventi/ che non hanno dato valore alle mie narrazioni".
In questa veste la poesia di Melania Ferrari è soprattutto un tentativo di scoperta di sé, di quel pensiero che fa fatica ad emergere perché soffocato da quell'obesa comunicazione, pensiero che per anni ha taciuto e si è piegato alla parola altrui. La poetessa si pone all'ascolto della sua muta identità per abbracciare con amore il "balbettio" del suo "animo ancora analfabeta di sé".
Dialogo con chi mi può sentire
Busso contro la mia cassa toracica
per carpire segni
di chi vuol mettersi in ascolto.
Occasionali incontri con orecchie disponibile,
addestrate a essere buone e brave,
e poi mi ricordo di te.
Nel tuo non essere,
nella tua condizione apolide,
nel tuo permeare ogni istante del tuo passato,
sei ora il mio presente,
confidente imbavagliata,
sibilla che nell'ambiguità del tacere
fa finalmente parlare
la vera sacerdotessa della mia fragile esistenza:
Me mutandomi in Io.
La poesia di Melania Ferrari si traduce nel desiderio di ricercare la verità. E in questa spasmodica ricerca della verità, in questo bisogno di scavare la realtà per rapirne il midollo, si sofferma sulle minuzie, sui particolari, sugli aspetti quotidiani, sui più piccoli granelli che racchiudono il vero significato della vita. Con il suo stile originale, Ferrari indaga nell'essenza delle cose, ma non si limita a descriverle: le scompone, le viviseziona, le analizza in profondità. Si sofferma sulle singole parti che assemblano il tutto, sul singolo capello, sulla singola goccia, sul singolo tratto, col fine di amplificarne la grandezza.
Goccia
Eppur scivolare mettendo a tacere l'attrito
di differenti consistenze.
Eppur essere nella limitatezza della forma
rappresentante di vita.
Eppur in un'indifesa trasparenza
esser specchio di un opaco mondo.
Notevole all'interno della raccolta il ricorso frequente all'anafora, che rende palese la volontà di rafforzare i concetti espressi. La poetessa sollecita il lettore a concentrasi sul significato delle parole, a pensare. Melania Ferrari, però, non riduce la sua esperienza solo a un fatto di ordine personale. La sua parola è donna e in quanto tale si pone in solidarietà con le altre donne. Nella sezione "Danze di donne", troviamo versi che inneggiano a tutte le donne maledette dalla storia, messe a tacere dalla visione maschilista della società. Così i versi rendono giustizia ad Arianna, ad Antigone, a Didone, a Clitennestra, a Medea, a Lucrezia Borgia, a Ifigenia, a Creusa, a Circe, a Eva. Tutte parlano in prima persona e, liberamente, raccontano la verità, col fine di ottenere il meritato riscatto. Riscatto a cui anela la stessa poetessa e che nella sua analisi pone delle domande sulle cause, sui perché, su i motivi di tali circostanze che, hanno in qualche modo, limitato la sua vita. Ma le domande non sempre hanno una risposta, e il riscatto è possibile solo attraverso la poesia che offre all'autrice la possibilità di conquistare una fetta di realtà e prendere posizione. La penna si fa megafono e libera il pensiero "obeso di preoccupazioni ipercaloriche", che, finalmente scevro di inquietudini, si fa parola e osa far udire la sua voce.