Incoscienza sensata



Un'ombra velata

con sguardo leggiadro

mi spiana la luce 

sul pensiero passato,

sentiero di ricordi gementi

intriso d'insidie di orme pungenti.

Da un manto di glicine e rugiada,

s'incarna sulle mie labbra di acqua salata

offrendo al domani orizzonti

di squarci assolati.

 

La paura, donna  svelata,

mai dimentica di vita passata,

accompagna sovente la giornata

e l'ombra del niente,

libera, divora la mente.

 

Ma quell'ombra velata,

mia incoscienza sensata,

dalla luce degli spazi riemerge infuocata,

energia di pura sostanza 

che nel cuore alimenta la speranza.

Il passato è una pietra arida,

terreno infertile di vita diradata,

e la rugiada s'insinua tra le labbra

baciando il pensiero dipinto 

di pace ritrovata.


Caterina Alagna





 


Amor che a nullo amato amar perdona





Ho deciso di dedicare un'intera sezione a Dante Alighieri, sommo poeta e padre della lingua italiana, di cui quest'anno ricorrono 700 anni dalla morte. Non voglio dilungarmi in lunghi sproloqui, la mia intenzione è solo quella di lasciar smarrire il lettore in quelli che sono i versi più belli che siano mai stati scritti in poesia. Sto parlando del V canto dell' Inferno e nello specifico dei versi che decantano il  grande amore che unisce due innamorati ( adulteri),Paolo e Francesca. Paolo Malatesta e Francesca da Rimini in vita erano cognati ( Francesca era la moglie di Gianciotto, fratello di Paolo). Un giorno, presi dalla lettura del libro che racconta la storia dell’amore tra Ginevra e Lancillotto,  vengono travolti da una profonda passione finendo per scambiarsi un bacio tremante  che segnerà l’inizio della loro relazione. Alla fine troveranno la morte per mano di Gianciotto. Avremmo letto questi versi centinaia di volte, ma non possiamo nascondere che a ogni nuova lettura i nostri sensi tremano di fronte a quest'opera  di straordinaria levatura, di fronte all'immenso e profondo amore che ha condotto Paolo e Francesca alla stessa morte e che dura finanche all'Inferno.  Volendo  dirlo con le parole di Dante:  " Amor che a nullo amato amar perdona,/mi prese del costui piacer così forte,/ che, come vedi,  ancor non m'abbandona".



Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?".

E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.


Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto 
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto. 
 
Per più fiate li occhi ci sospinse 
 quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse. 
 
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso, 
 
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
 
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse. 
 
E caddi come corpo morto cade.

"La percezione dell'indistinto", di Giulia D'anca

Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Giulia D'Anca, autrice della raccolta poetica "La perce...