"La percezione dell'indistinto", di Giulia D'anca




Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Giulia D'Anca, autrice della raccolta poetica "La percezione dell'indistinto", Eretica Edizioni, 2023. L'obiettivo principale della silloge è quello di focalizzarsi sulla condizione fragile dell'essere umano. Partendo da un'analisi attenta e approfondita, l'autrice tenta di tracciare un'indagine dell'animo umano e allo stesso tempo cerca di definire un profilo collettivo, al fine di trovare un senso alla realtà sociale sempre più incomprensibile.

ALLE SPALLE DEL MARE


Alle spalle del mare

c'è un'altra foresta

chinata

a testa in giù,

piegata sulle attese

fregiate di ricordi.


Al confine dell'acqua

c'è un altrove di incertezze.

Coglierà la nostra essenza di rose

senza nascita

e legame,

solo spine rotte

dai fiumi negli occhi.


Non appena ci si immerge nella lettura, si viene travolti da una stesura di versi pregiati, caratterizzati da uno stile aulico e ricercato. Il linguaggio, a tratti ermetico, si fregia di metafore, allitterazioni e sinestesie che restituiscono al testo un coro di armoniose note. Giulia D'Anca entra con delicatezza nelle stanze recondite dell'anima, ma allo stesso tempo riesce a entrare nel profondo e a cogliere l 'essenza propria dell'individuo umano, quella dimensione dove le certezze vacillano, quella dimensione dove trovano rifugio tutte le nostre fragilità, quella dove regna la solitudine. Addentrarsi nell'animo umano comporta il rischio di attraversare la notte, sfiorare le ombre che ci hanno fatto soffrire, che ci hanno fatto rinunciare alla vita. Ma in questa analisi animica, la poetessa non si limita a prendere consapevolezza della parte buia che abita all'interno di ogni uomo. Vuole piuttosto tentare un viaggio interiore alla ricerca di sé, alla ricerca di un senso, alla ricerca delle vere ricchezze umane che sono intoccabili. 


RESPIRI


La notte ha mille pupille

e un solo colore riflesso,


Una laguna 

che non accoglie i respiri,

fitta di mangrovie acerbe e

discrasie di spirito.


L'ipotesi agognata e

non per questo vinta

è cercare se stessi. 

Che è questione di pochi.



Un messaggio di speranza attraversa tutta la silloge: toccare la notte significa andare incontro alla luce. Si possono raccogliere i pezzi frantumati del proprio sé e tentare di ricomporli, anche se forse quella di cui la poetessa si fa portatrice è una magra speranza: la consapevolezza è questione di pochi. Man mano che si legge la raccolta, si  sente echeggiare tra i versi il panta rei degli Eraclitei: la vita è un continuo divenire, uno scorrere di eventi in cui la realtà perennemente si trasforma e si rinnova. Concetto che s'incarna nell'immagine dell'acqua, la quale più volte ricorre all'interno della raccolta. 


L'ALTRA SPONDA DELL'ACQUA


I fiumi scorrono

anche io

lambisco

l'acqua con loro,

ma lei scappa e si riversa,

cambia forma;

per tornare chiara

demolisce il mistero,

bacia la pietra in un incanto perenne.

La storia della vita di tutti

è scivolata vita,

cancellando il dolore

ma non il ricordo di averlo provato.

Qualunque sia l'altra sponda dell'acqua

-guardandovi dentro-

ho passato la vita ad attraversarla,

non aspettando che me.


L'acqua cambia continuamente forma, e noi uomini siamo fluidi esattamente come essa. Possiamo cambiare la storia della nostra vita. Tutto passa, tutto scivola via, persino il dolore. La poetessa, come abbiamo detto, tenta di tracciare un profilo collettivo dell'individuo umano. Tutti gli uomini sono accomunati da un senso di fragilità e dolore. Ed è possibile rintracciare un percorso di consapevolezza di sé, "raccogliere i frammenti, raccontarli sgretolati" e ritrovare "l'eccezione di un verde dipinto germoglio tra il cemento e il ferro". La silloge si conclude consegnandosi alla luce, alla possibilità di comprendere i nostri dolori e capire che in fondo sono necessari per accettare e realizzare il bene, l'amore : "ameremo i nostri demoni, li capiremo sacri, e poi ameremo le notti, le capiremo stelle". Familiarizzare con il dolore significa permettersi di amare se stessi e amare la vita.



Ti sentivo




Ti sentivo
pulsare sotto la pelle.
Nel tuo sguardo
ascoltavo un boato silente
mutarsi in poesia.
Ancora sussurro
la tua placida voce
a saziarmi di frutti soavi,
a spalancarmi
l'immenso teatro
delle mie emozioni.
Caterina Alagna

A volte succede




A volte succede che

i sogni si sbriciolano

e i cieli turgidi

pesano sulla schiena,

si sciolgono le ossa

e perfino la luna

sembra solo un sasso

crocefisso a una notte galera.

Eppure franano i miracoli

dagli occhi offuscati

e sulle labbra s'appoggiano

fausti ricami di sole.

Succede che un bacio sfiorisce

ma il cuore è un'aiuola dorata,

un sussulto carnale

che impregna l'anima.


Caterina Alagna

Glicine





Verde come la speranza 

che scioglie la neve 

e m'inonda di acqua,

limpida e gaia

come il cielo di Pasqua 

a frullare fruscii di primavera.

Io sono le gocce 

a imperlarmi la faccia 

e il sole che splende

è una cascata di fresca bonaccia, 

è un cesto gemmante di viole 

e il glicine che circonda la casa,

penzolante sulle gote,

mi rinfresca come muschio 

le labbra e l'anima tace

ammutata da fronde di pace.


Caterina Alagna


8 MARZO

 


8 Marzo

Sorridi donna
tu che sei soffio di vita
che di cielo allaga le ossa
a stagliarsi
sulle fresche fronde
degli alberi
che sussurrano al vento
di te.
Forse non sanno
che il tuo ventre
genera il balsamo dei fiori
e novelle essenze di gelsomini,
che la tua mente
è come il cosmo che accoglie
la luce di tutte le stelle
e i sogni di tutti i bambini
e ingravida di sole
perfino la notte.
Ti costarono la vita
e il sangue
le tue battaglie
per l’ emancipazione,
(e ancora oggi
e ogni giorno)
ma non basterà
a spegnere l’assolata fiamma
che ti ribolle sotto la carne.
No, non basterà
a farti piegare la testa,
a farti rinnegare
la tua, la nostra santa libertà,
la tua, la nostra santa parità.
Caterina Alagna

"Se dir posso" di Melania Ferrari





Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Melania Ferrari, autrice della raccolta poetica "Se dir posso", edita da Edizioni Dialoghi, nel 2023. Ringrazio la casa editrice per avermi inviato la copia digitale.


"Se dir posso" è una raccolta incentrata sul rispettoso ardire della poetessa Ferrari, la quale senza mai urlare, esprime il proprio pensiero, la propria visione della vita. Il suo poetare è un flusso libero di parole senza pretesa di giudizio, una meditazione sulla realtà in cui viene trascinato anche il lettore. L'opera è divisa in otto sezioni: Sezione di me, Numeri, Apologie, Dialoghi, Sassolini, Danze di donne, Domande, Tanti auguri. Ogni sezione rappresenta un angolo di mondo su cui l'autrice sofferma lo sguardo e proclama la sua educata opinione.

Nella poesia “Se dir posso", che apre la raccolta e che dà il titolo alla silloge, è contenuta una falsa richiesta di consenso, di cordiale accordo col lettore, di raccontare la propria verità. 


Se dir posso 

Se dir posso, il mondo mi piace

e non mi piace.

Se dir posso, i bipedi in cui s'incappa

dovrebbero rimanere coerenti con i primi secondi

che si vive.

Se dir posso, che i luccichii restino abbaglianti

e le macchie sporche sporche.

Se dir posso, il tempo dovrebbe meno fidarsi

dell'esser clessidra

e tentare di essere ampio mare.

Se dir posso, il verticale chiama a sé

l'eccessiva fatica del salir.

Se dir posso, l'orizzontale soffoca

il bisogno umano di essere meno terreno.

Se dir posso, Cecco Angiolieri spesso imiterei

e nella rivoluzione il globo immergerei,

per pulirlo da lordure,

per scrostare sporco in eccedenza,

per lustrare ciò che di cenere è coperto.

Se dir posso, la verità andrebbe

detta veramente in modo vero.

Se dir posso la bellezza andrebbe 

insegnata con il bel primo passo.

Se dir posso, una bilancia dovrebbe

esser posta in ciascuno

per dar peso ai grammi di parole.

Se dir posso, si dovrebbe metter a digiuno

l'obesa comunicazione

a regime essenziale

di brutture.


Dai versi eleganti emerge il desiderio di pulire il mondo, col fine di dare spazio alla verità sepolta sotto un mare di brutture, vomitate ogni giorno da un' "obesa comunicazione". Ci invita a fare silenzio la poetessa, a bilanciare le parole, a meditare. I versi sembrano rimarcare il socratico ammonimento che esortava gli uomini a fare un corretto uso della parola, ossia, a pronunciarla solo se utile, vera e buona.  Ma la parola di Melania Ferrari non sembra rivolta solo ai lettori, ma anche a se stessa. Essa attraversa la sfera personale, apre la finestra su un vissuto sofferto che ha lasciato tanta tristezza, e ora, con dovuto distacco, si offre  nuovamente agli occhi dell'autrice e si ricopre di nuova consapevolezza. Emblematici in tal senso appaiono i versi della poesia "Saluti definitivi": "ma tanti sono coloro/ a cui, con la tua partenza fisica,/ darò il saluto definitivo:/ viventi/ che non hanno saputo ascoltare le mie parole, viventi/ che non hanno dato valore alle mie narrazioni".

In questa veste  la poesia di Melania Ferrari è soprattutto un tentativo di scoperta di sé, di quel pensiero che fa fatica ad emergere perché soffocato da quell'obesa comunicazione, pensiero che per anni ha taciuto e si è piegato alla parola altrui.  La poetessa si pone all'ascolto della sua muta identità per abbracciare con amore il  "balbettio" del suo  "animo ancora analfabeta di sé". 


Dialogo con chi mi può sentire

Busso contro la mia cassa toracica

per carpire segni

di chi vuol mettersi in ascolto.


Occasionali incontri con orecchie disponibile,

addestrate a essere buone e brave,

e poi mi ricordo di te.


Nel tuo non essere,

nella tua condizione apolide,

nel tuo permeare ogni istante del tuo passato,

sei ora il mio presente,

confidente imbavagliata,

sibilla che nell'ambiguità del tacere

fa finalmente parlare

la vera sacerdotessa della mia fragile esistenza:

Me mutandomi in Io.


La poesia di Melania Ferrari si traduce nel desiderio di ricercare la verità. E in questa spasmodica ricerca della verità, in questo bisogno di scavare la realtà per rapirne il midollo, si sofferma sulle minuzie, sui particolari, sugli aspetti quotidiani, sui più piccoli granelli che racchiudono il vero significato della vita.  Con il suo stile originale, Ferrari indaga nell'essenza delle cose, ma non si limita a descriverle: le scompone, le viviseziona, le analizza in profondità. Si sofferma sulle singole parti che assemblano il tutto, sul singolo capello, sulla singola goccia, sul singolo tratto, col fine di amplificarne la grandezza.


Goccia

Eppur scivolare mettendo a tacere l'attrito

di differenti consistenze. 


Eppur essere nella limitatezza della forma

rappresentante di vita.


Eppur in un'indifesa trasparenza

esser specchio di un opaco mondo. 


Notevole all'interno della raccolta il ricorso frequente all'anafora, che rende palese la volontà di  rafforzare i concetti espressi. La poetessa sollecita il lettore a concentrasi sul significato delle parole, a pensare. Melania Ferrari, però, non riduce la sua esperienza solo a un fatto di ordine personale.  La sua parola è donna e in quanto tale si pone in solidarietà con le altre donne.  Nella sezione "Danze di donne", troviamo versi che inneggiano a tutte le donne maledette dalla storia, messe a tacere dalla visione maschilista della società. Così i versi rendono giustizia ad Arianna, ad Antigone, a Didone, a Clitennestra, a Medea, a Lucrezia Borgia, a Ifigenia, a Creusa, a Circe, a Eva. Tutte parlano in prima persona e, liberamente, raccontano la verità, col fine di ottenere il meritato riscatto. Riscatto a cui anela la stessa poetessa e che nella sua analisi pone delle domande sulle cause, sui perché, su i motivi di tali circostanze che, hanno in qualche modo, limitato la sua vita. Ma le domande non sempre hanno una risposta, e il riscatto è possibile solo attraverso la poesia che offre all'autrice la possibilità di conquistare una fetta di realtà e prendere posizione.  La penna si fa megafono e libera il pensiero "obeso di preoccupazioni ipercaloriche", che, finalmente scevro di inquietudini, si fa parola e osa far udire la sua voce.



Sapore di buio






E poi soffia 

quel ruvido afflato

e scava le ossa.

Oggi il sole

ha il sapore del buio

e irrompe 

una piaga commossa

a slabbrare il sorriso.

Sento le vene 

riempirsi di nubi e di vento.

Sulle chiome argentate,

nudo,

s'aggruma il dolore. 


Caterina Alagna

"La percezione dell'indistinto", di Giulia D'anca

Per la mia rubrica "Conosciamo un poeta", vi presento la poetessa Giulia D'Anca, autrice della raccolta poetica "La perce...